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A cura del prof. Giannatale Pannardino

Il celebre pittore di cui tratteremo in questo numero è Fortunello da Velletri, più noto come il Culatello.

Fortunello da Velletri nacque nel 1490 in Val di Comacchio. L'origine del suo nome d'arte, affibbiatogli fin da fanciullo, ci è tuttora oscura, anche perché della sua infanzia si sa davvero pochissimo; le scarne fonti ci riferiscono che la madre morì al momento del parto, mentre il padre, un umile bottegaio, ebbe un grave incidente alla prostata mentre lo sollevava dalla culla per mostrarlo ai parenti, i quali perirono tutti in un infernale rogo poche ore dopo, quando un fulmine incenerì la casa natìa lasciando miracolosamente illeso il solo neonato.
Il Culatello fu quello che si definisce un bambino prodigio: a cinque anni era in grado di dipingere perfettamente un agnello che pascolava, a sette di allevarlo ed ingrassarlo amorosamente, a dieci di rompergli il cranio con un'accetta e cucinarlo a dovere.
La grande fortuna dell'artista fu, a quindici anni, l'incontro con il suo maestro e mèntore Lodovico Menagramo, detto Toccaferro, che lo prese a "bottega" e fu prodigo di consigli e ammaestramenti di enorme valore. Quelli con il Toccaferro furono anni importantissimi per il Nostro, determinanti per lo sviluppo delle sue eccellenti potenzialità umane, artistiche e tecniche. E' risaputo inoltre che il legame fra i due si spinse oltre il semplice rapporto allievo-maestro, dato che il Toccaferro costringeva il ragazzo a lavorare duramente di giorno e ad intrecciare cestini di vimini di notte (da vendere poi di contrabbando, sempre di notte) a pena di feroci scudisciate, cosa che lo temprò mirabilmente e lo pervase di un affetto quasi filiale nei riguardi del suo precettore; si racconta in proposito di come, compiuti i ventidue anni e deciso a lasciare la Val di Comacchio per trasferirsi a Bitonto, pur di non abbandonare il suo vecchio, adorato maestro il Culatello gli avesse dato fuoco con tutta la sua bottega e ne avesse conservato le ceneri in un'anfora di plexiglass, che portò con se tutta la vita.
Appena ebbe messo piede a Bitonto, il Culatello ricevette immediatamente in incarico di grande prestigio: riverniciare la stalla del Duca di Bitonto di un incantevole giallo paglierino. Questo lo commosse profondamente e lo indusse ad uscire di nuovo dalla città nel giro di una frazione di secondo, per imboccare poi la strada in direzione Firenze, uscendo al casello Nord ed immettendosi sulla Roma-Bari.
A Firenze ottenne subito enorme notorietà: in poco tempo i suoi dipinti, effettuati nottetempo aiutandosi grazie ad un particolare strumento di illuminazione chiamato "piromanìa", ricoprirono le case, le strade più importanti, i palazzi nobiliari e le grandi chiese. Sventuratamente, dopo quasi due anni di strenua tolleranza da parte delle autorità, unita alla sua innata capacità di nascondersi sotto il ventre delle pecore, il Culatello fu finalmente arrestato per aver oscenamente e reiteratamente imbrattato edifici pubblici e privati, e fatto decapitare sul balcone di Palazzo della Signoria davanti ad una folla esultante, quale monito per eventuali emulatori.
Il Culatello, nonostante le sue opere siano state praticamente ovunque cancellate con acqua ragia e ramazza, rimane comunque una delle figure più suggestive ed artisticamente dotate del Rinascimento, come dimostra il capolavoro, miracolosamente rinvenuto, che ora passerò brevemente ad illustrarvi.

L'AFFRESCO "Re e Regina con Struzzo"

Re e Regina con Struzzo
Questo rarissimo e magnifico affresco è stato ritrovato sulle mura di una vecchia stalla a Crignolino, un minuscolo sobborgo di Firenze. Lì il Culatello dimorò per qualche giorno, rifugiandosi in una casupola adibita a letamaio e presentandosi al volgo sotto le mentite spoglie di vedova bianca.
Da notare la sicurezza e l'eleganza del tratto, il vigore del paesaggio, l'effetto "sfumato" e soprattutto l'utilizzo di un colore ricco e pastoso, che contribuisce a conferire umanità e dolcezza ai volti e alle mani. Le due reali figure, splendide, annichilite, sembrano quasi scomparire alla vista dell'imponente struzzo che sbarra loro la strada verso la Reggia, e lasciano intuire all'osservatore l'importanza di raggiungere un qualsiasi focolare domestico all'approssimarsi dell'ora di pranzo, importanza fondamentale anche per figure di sì alto rango, ma sempre e comunque umane.
L'eccezionalità del talento lascia poca rilevanza al fatto che il Re e la Regina non si vedano in maniera nitida, anche perché, citando l'acuta interpretazione dell'esperto prof. Frangiflutti "Il Re e la Regina probabilmente non si vedono perché, nella sublime mente dell'artista, lo struzzo potrebbe aver già divorato entrambi".
Con questo capolavoro assoluto del Rinascimento si chiude la rubrica. Ringraziandovi per l'attenzione vi do appuntamento al prossimo numero.